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Dalla seconda metà dell’Ottocento, fino alla metà del secolo scorso, Caltanissetta poteva vantare di possedere due titoli: “Capitale mondiale dello zolfo” e “Città del torrone”.
Oltre alla maestria dei torronai, il principale merito del brillante risultato era legato, così come oggi alle eccellenti qualità delle materie prime a km 0. Con orgoglio molti nisseni colgono l’occasione di ricordare che nella prestigiosa Esposizione di Torino nel 1884, la sezione “Torroni e Panforte” fu vinta dal concittadino Salvatore Amico e che i suoi due colleghi Luigi Giannone e Giuseppe Infantolino ottenero la manzione onorevole. Il vuoto lasciato da tutti i torronifici storici è stato coperto da alcune aziende per mantenere il nome di un tempo.
Così nasce il Festival del torrone di Caltanissetta, con l’obiettivo di recuperare lo storico patrimonio culturale ed economico legato all’abbondante produzione di questo dolce che risulta essere la specialità artigianale.
Il segreto del torrone nisseno è tutto legato alla qualità e quantità degli ingredienti e al tempo che si impiega per realizzarlo. I criteri per giudicare la bontà di una stecca di torrone sono: la lucentezza e la croccantezza; poichè quando si morde non si deve attaccare ai denti; deve essere friabile e spezzarsi al primo colpo, ma non si deve sbriciolare troppo. Il torrone di Caltanissetta comprende diversi varianti a pasta dura e friabile, ricoperte al cioccolato e non. Quello ricoperto, presenta una vasta gamma di varanti che le aziende storiche hanno indicato con i nomi dei componenti della famiglia reale dei Savoia.
Fonte: brochure “Sua eccellenza il torrone di Caltanissetta”, testo di Salvatore Farina.